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giovedì 1 novembre 2012
E' ora che la politica esca dal romanzo
La mia impressione è che la politica ancora oggi non riesca a staccarsi da quel formato romanzo cui ci costringe ad auto convincerci. Un insieme di promesse di avventure, fantastiche opportunità, mondi meravigliosi che, come in un romanzo appunto, restano incastrati nelle fantasie. C'è bisogno invece di chiarezza e concretezza adesso.
Ho cominciato a leggere romanzi d'avventura, e poi quelli cosiddetti di formazione, di pirati e isole del tesoro, di tigri e giovani Holden, che ero appena decenne. Quindi, a ragion veduta, mi considero un buon conoscitore del genere. Abbastanza da intendere l'epico svolgimento e l'epilogo eroico, buono fino alla chiusura della quarta di copertina, quando ne intercetto con occhi ed orecchie le parole. Oltre quello rimane il retrogusto di un viaggio mentale, attraverso la parola (scritta), che per ovvie ragioni non può essere riprodotto nella realtà di tutti i giorni, salvo rarissimi, e affermo pure, fortunatissimi casi.
Quando poi l'altro giorno nel botta e risposta via mail, parlando degli ultimi fatti politici, con una amica, Giulia, ho letto nelle sue ultime righe che "sembra di essere in un romanzo" non ho potuto che concordare con lei. Fagocito da settimane, e forse in questo sbaglio, ogni passaggio televisivo e non, dei candidati politici (in maniera trasversale, destra/sinistra) alla ricerca di un segno. Una chiave di volta che mi permetta di pensare, credere, che quel fiume in piena dai flutti retorici contenga, magari appena celato, il pezzo - la chiave di volta appunto - in grado di sostenere concretamente nei fatti tutti quei discorsi, trasformandoli da promesse romanzate a reali opportunità per il paese.
Eppure, per difficoltà mia, o incapacità loro, non riesco a scorgerla. Forse il perché sta nel loro continuo porsi in modo pedissequo, rimbalzando da un programma all'altro, da un salotto all'altro. Come tanti piccoli personaggi in cerca d'autore (o autorevolezza) che interagiscono solo tra loro parlando di loro in prima seconda e terza persona. Ma non stiamo in un romanzo. Non siamo all'interno del mondo della narrativa, in un qualche paese fantastico dove tutto si dice e poco importa se non corrisponderà a realtà.
Ecco, l'Italia ha vissuto per vent'anni in un romanzo. Anzi, un brutto romanzaccio nemmeno degno di collane da due soldi stile harmony. Una sequela di personaggi stereotipati senza capo ne coda totalmente estranei al mondo reale. Di tutte quelle promesse nulla è stato concretizzato. Tutto è rimasto nero su bianco sulle pagine ormai ingiallite di un qualche lontano contratto.
Ma ora è giunto il momento di uscire dal romanzo, di mettere da parte Salgari, Collodi e tutti i colleghi vari. E' ora di uscire dal romanzo di formazione ed entrare nel mondo della responsabilità, dell'età adulta della politica, o di un ritorno ad essa. C'è bisogno di parole serie che indichino strade percorribili e credibili, senza enfatizzare o esaltare. Reali. E' il momento di abbandonare quegli stilemi ormai desueti, quei dialoghi da scrittore di serie B che non strizzano più l'occhio nemmeno ad un (e)lettore novello.
Once Upon a Time, ma ora non va più bene.
Matteo Castellani Tarabini | contepaz83
It's time for politics to exit the novel
My impression is that politics to this day can't get out of the novel format which it constrains us to convince ourselves. A mix of promises of adventure, fantastic opportunities, marvellous worlds tat, as in a novel, remain closed in fantasy. There's a need for pragmatism and clear paths right now.
I started reading adventure novels, those that are called formation novels, about pirates and treasure islands, about tigers and young Holdens, when I was only ten. So I talk about of experience, I consider myself someone who knows the genre. Enough to understand the epic development and the heroic closure, good until the closing of the last page, when I intercept with eyes and years its words. Apart from that the only thing that remains is the aftertaste of a mental trip, through the written words, that for obvious reasons cannot be reproduced in the everyday reality, except for extremely rare, and I may say, extremely fortunate cases.
So when the other day in an email exchange with a friend, Giulia, talking about the latest political facts, I read in her last lines that "it's like being in a novel", I totally agreed with her. I've been taking in for weeks, and perhaps it was a mistake, every television message and not, of the political candidates (regardless of political color) in search of a sign. A sign tat allows me to think, believe, that the flood of rhetoric waves contains, even if hidden, the sign capable of sustaining pragmatically the facts in all those talks, transforming them from novel promises to real opportunities for the country.
And yet, maybe because of my difficulties or their incapacity, I can't find it. Maybe the reason is in their countinuous presenting themseves everywhere, jumping from one program to the other, from one talk show to the other. As many little characters looking for an author (or authority) that interact only among themselves, talking about themselves in first, second and third person. But we don't live in a novel. We're not inside the world of narrative, in some fantastic land where everything is said and it doesn't matter whether words match reality.
So, Italy has lived for 20 years in a novel. Actually an ugly novel that isn't even worthy of 2 penny collections in Harmony style. A series of stereotyped characters without beginning nor ending that are completely outside the real world. Of all those promises nothing's been done. Everything has remained written black on white on the pages now turned yellow of some old contract.
But now it's time to get out of the novel, to put aside Salgari, Collodi and all the various colleagues. It's time to get out of the formation novel and enter the world of responsibility, of the adult age of politics, or a return to it. There's a need for serious words that show paths that are credible and doable, without exagerating. Real. It's time to abandon those old styles, those dialogues that don't even stimulate a new reader. Or voter.
Once upon a time, but now it doesn't work anymore.
Matteo Castellani Tarabini | contepaz83
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