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sabato 3 novembre 2012

Da #Berlusconi a #Renzi: dal berlusconismo al neoberlusconismo renziano



La favola berlusconiana di questo Nuovo Ventennio, catalizzava fino a ieri il provincialismo culturale nostrano con i suoi mali sociali più antichi, promettendo quei sogni impossibili (sedimentati dalla TV modello "DriveIn"), che una certa pseudo borghesia frustrata sentiva in qualche modo come propri, soprattutto perché figlia degli Anni Ottanta craxiani/piduisti e quindi del benessere clientelare fotografato poi con Tangentopoli.

L'onnipresenza mediatica del primo Berlusconi ne ha così alterato il linguaggio, da spacciare per normalità qualsiasi impresentabile bizzarìa del suo piccolo egocentrismo italiota, basato fondamentalmente su un finto riscatto sociale che passava necessariamente dall'immagine costruita (quanto distorta) di un utopico selfmade man tuttofare de noantri.

Sicuramente il prodotto Berlusconi ed il Berlusconi pensiero si collocano a valle di una società italiana consumista (post anni 60, con una forte urbanizzazione e industrializzazione del Paese), indubbiamente poco preparata culturalmente (post anni 70, dove era più facile occupare le università e le scuole che frequentarle nell'eco della subcultura hippie) e con il mito del successo facile e per tutti (proprio degli anni 80 craxiani, degli Yuppie e dell'utopico sogno americano). Se contestualizziamo, negli Anni Novanta di Tangentopoli e di "Beverly Hills 90210" nasce l'embrione del Berlusconi del Nuovo Ventennio che è perdurato in forme e modalità anfibie fino ad oggi.

L'eco di quel linguaggio, oggi, è l'eredità più pesante del berlusconismo odierno, che non ha nemmeno più bisogno dell'impresentabile leader nano con il rialzo sul tacco e il crine disegnato per esserne espressione, ma che permea comunque ogni livello della società attuale, cambiando ed alterando de facto il modo di pensare e di fare di ognuno di noi, delle nostre scelte, fino al renziano modo di intendere la politica, apparentemente sull'onda di un pretestuoso ricambio gridato goffamente da un'inetta, impreparata e deculturalizzata "Generazione Italia Uno".

Oggi Renzi si fa portabandiera di quella continuità di dalemiana memoria, che un minimo di memoria storico-politica imporrebbe di ricordare: Renzi che oggi incontra la finanza a Milano e che va nella villa di Berlusconi, quella del bunga bunga ad Arcore, è il D'Alema di ieri che incontrava la finanza di allora a La City di Londra e andava in visita a Mediaset definendola "un patrimonio culturale del Paese". Ed è lo stesso Renzi che proprio oggi vuol rottamare quello stesso D'Alema. Sarà che probabilmente hanno ragione loro e torto noi.

E sarà forse proprio questo neoberlusconismo, prematura tomba di ogni ideale filosofico e culturale del Novecento, che ha annientato ogni modello di riferimento economico e sociale, di destra quanto di sinistra, e ad aver tolto ogni futuro alle società di domani con l'illusione dell'assenza (quanto della volontà di ricercarne) di vere alternative possibili e sostenibili, politiche e sociali come economiche.

Jacopo Paoletti | @jacopopaoletti


From Berlusconi to Renzi

The Berlusconi fable of these last twenty years, just until yesterday used to catalize the cultural provincialism in Italy with its most antique social evils, allowing those impossible dreams (sedimented by the TV with the model of "DriveIn") that a certain frustrated pseudo-middleclass felt somehow as its own, especially because an heir of the Craxi/PD 80s and the client wellbeing photographed later with Tangentopoli.

The media omnipresence of the first Berlusconi has altered the language so much, that it has presented as normality any impresentable oddity of its small Italian egocentrism, based fundamentally on a fake social redemption that passed necessarily through the artificial and distorted image of a utopic selfmade man do it all.

Surely the Berlusconi product and the Berlusconi thought are positioned downstream an Italian consumist society (post 60s, with a strong urbanization and industrialization of the country), undoubtedly little prepared from a cultural point of view (post 70s, when it was easier to occupy universities and schools than attend them in the eco of the hippie subculture) and with the myth of easy success available for all (right in the Craxi 80s era, of Yuppies and the utopic American dream). If we contextualize, in the 90s of Tangentopoli and Beverly Hills 90210 the embryo of the Berlusconi of the Twenty Years was born, with the ambiguous forms and modalities that have endured until today.

The eco of that language, today, is the heaviest heritage of Berlusconism, that doesn't even need an unpresentable short leader with high heels and painted head to be its expression, but that permeates every level of current society anyway, changing and varying de facto the way of thinking and doing of each of us, our choices, until the Renzi way of seeing politics, apparently on the wave of a pretextuous change screamed unelegantly by an inept, unprepared and deculturalized "Generation Italia 1".

Today Renzi incarnates the continuity of D'Alema, which a minimum of historical-political memory would impose to remember: Renzi who today meets the finance in Milano and that goes to Berlusconi's villa to visit, the one of the bunga bunga in Arcore, is yesterday's D'Alema that met the finance at the City in London and visited Mediaset defining it "a cultural patrimony of the country". And it's the same Renzi that today wants to change that same D'Alema. Maybe because they're probably right and we're wrong.

And maybe it will be this neoberlusconism, premature grave of every philosophic and cultural ideal of the 20th century, that has killed every economic and social model, on the right wing or the left, and will take away any kind of future to tomorrow's society with the illusion of absence (and the will of looking for any) of true alternatives that are possible and sustainable, political and social as well as economical.

Jacopo Paoletti | @jacopopaoletti

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