▼ Il tweet del giorno
Berlusconi: "Presidente della Convenzione? Solo una battuta". Come quando prometteva un milione di posti di lavoro ed il rimborso dell'IMU.
— Il Triste Mietitore (@TristeMietitore) 08 maggio 2013
sabato 3 novembre 2012
#Spioncino: L'ora dell'aura
(Specchio delle mie brame in Aurora di F.Murnau)
Un carrello a volte è una questione immorale. La moglie è a casa, stretta nel suo copricapo, nel suo destino di contadina e di moglie. Lui attraversa tutto il gotico no trespassing della natura in un sol passo, ciò che trova è la luna in alto e poco sotto una sua creatura depravata, una splendida signora della notte così sexy che non ha tempo - magistrale nell’arte di ornarsi- di aumentare il suo potere con minimi tocchi (di rossetto). Un bacio è affare di un attimo, bacio sbilenco o contorsionista, apparentemente romantico (le menzogne della luna), in effetti sessuale, sessuale all’estremo, sessuale e nient’altro.
Lei gli dice, come depravando perfino la Bibbia, di mollare tutto, la sua fattoria e le sue abitudini, e di andare con lei: in città. Lei è una tentazione quasi invincibile, la città è una tentazione altrettanto ipnotica . Ma a lei non basta. Uccidi tua moglie, dice. Lascia che affoghi durante una gita in barca e fallo passare per incidente. E gli da le istruzioni per l’uso, architetterà l’omicidio in ogni dettaglio. Non prima che lui si sia inizialmente ribellato, fino quasi a strozzarla.
Ma lei riesce a trasformare in sesso anche quella reazione, riesce a “truccare” anche quel momento. Con l’aiuto della luna, che qui è impossibilità di aurora. Con l’aiuto della città (la città è la femme fatal). Gli prospetta tutti i golosi tesori di questo giardino di delizie, di questo frutteto così lontano dalla sua operosa campagna. E Murnau installa una specie di malefico schermo cinematografico (che è correttamente come su un piano rialzato) nel cuore di quella scena di arbusti di buio e di sesso, forse di Scozia.
I due cospiratori si accomodano e si girano da buona coppia di spettatori che all’inizio del film interrompe le effusioni rubate (parte del piacere è interromperle) e si dedica alla visione, golosa dello spettacolo. Va in scena, in un’ora che ha il prestigio della notte lussuosamente illuminata, la città: baudelairiana, cubista, lastricata di bagliori, voluttuosa e dai fianchi affilati . La città benjaminiana e promiscua, dispensatrice di miraggi e di shock.
Eppure l’uomo, pur posseduto, non riuscirà a uccidere la moglie durante la gita in barca (anni dopo non ci riuscirà neppure il Verdoux di Chaplin). Ma starà quasi per farlo. Lei lo vedrà, vedrà i suoi occhi amati diventare occhi assassini. E perderà lo sguardo. Dando il via a una sequenza straordinaria in cui lei sembra affetta da una paralisi agli occhi. Una volta rientrati a casa, correrà, scapperà (vale la pena qui ricordare che la parola coraggio “deriva” dal verbo correre nel senso di scappare), ma manterrà sempre lo stesso mutismo di sguardo.
Resterà aggrappata in mancanza ormai di tutto il resto alla sua posa incredula: la testa lievemente reclinata e l’impossibilità di guardare il marito. Per lungo lungo lungo tempo. Un tempo filmico sconcertante (sempre quella testa sulle spalle a nascondere gli occhi), forse inesauribile. Lei capisce, capisce e per questo non riesce a guardare. Il marito mendicherà uno sguardo. Per un tempo che sembra infinito. Ma la fine arriva, come un’aurora prima dell’aurora, e coincide con una dote rarissima che lei ha (e forse non sapeva di avere), con una specie di miracolo in questo mondo di inganno e fango: la volontà o capacità di perdonare.
Francesco Romeo | #spioncino
The time of dawn
A cart sometimes can be an immoral matter. The wife is at home, wrapped in her veil, in her destiny of wife and peasant. He goes through all the no trespassing gothic of nature in one single step, what he finds is the moon above and just underneath a depraved creature, a splendid lady of the night, so sexy she doesn't have time - magistral in the art of decorating herself - of increasing her power with minimum touches (of lipstick). A kiss is a matter of a moment, a crooked and contorsionist kiss, apparently romantic (the lies of the moon), sexual, sexual to the extreme, sexual and nothing else.
She tells him, as depravating even the Bible itself, to leave everything, his factory and his habits, and to go with her: to the city. She is an almost invincible temptation, the city is an equally hypnotic temptation. But it's not enough for her. Kill your wife, she says. Let her drown during a boat trip and make it look like an accident. And she gives him instructions, and will organize the homicide in every detail. Not before he rebells initially, almost until strangling her.
But she manages to transform that reaction in sex as well, she manages to "fake" that moment as well. With the help of the moon, that here is the impossibility of dawn. With the help of the city (the city is the femme fatal). It promises all the tasty treasures of this garden of delight, of this fruit garden so far from his prolific countryside. And Murnau installs some sort of evil cinematografic screen (which is correctly like on a upper plane) in the heart of that scene of trees, of darkness and sex, maybe of Scotland.
The two conspirators take seat and turn around like a nice couple of spectators who at the beginning of the movie interrupts the stolen effusions (part of the pleasure is interrupting them) and dedicates to the tasty vision of the show. It goes on stage, in an hour that has the prestige of the luxuriously illuminated night, the city: baudelairian, cubist, covered in glares, voluptuous and with sinuous hips. The benjaminian city, promiscuous, that gives illusions and shocks.
And yet the man, even though he's possessed, won't be able to kill the wife during the boat trip (years later Chaplin's Verdoux won't be able either). But he'll be about to do it. She will see it, she'll see his beloved eyes become killer eyes. And she'll lose the sight. Beginning an extraordinary sequence in which she looks like she has an eye paralysis. Once they come back home, she'll run away (it's probably worth it to remember that the word "courage" derives from the word "run", in the sense of running away), but she'll always maintain the same mutism of sight.
She'll remain leaning without all the rest of her incredulous pose: the head slightly bent and the impossibility to look at her husband. For a long long long time. A puzzling filmic time (always that head on her shoulders hiding her eyes), perhaps infinite. She understand, understands and because of that she can't look. The husband will beg for a look. For a time that seems infinite. But in the end it arrives, like a dawn before dawn, and coincides with a rare gift that she has (and perhaps didn't know she did) with a kind of miracle in this world of deceit and mud: the willingness or capacity to forgive.
Francesco Romeo | #spioncino
Etichette:
aurora
,
cinema
,
critica cinematografica
,
francesco romeo
,
intervistato
,
jacopo paoletti
,
maria petrescu
,
murnau
,
spioncino
Iscriviti a:
Commenti sul post
(
Atom
)
▼ Leggi i migliori della settimana
-
Cosa resta dei ricordi? una vecchia foto, un oggetto del passato, un libro. Aprendo un vecchio baule, anche dopo anni, si resta sempre colp...
-
Con Alessandro Gilioli abbiamo parlato dell'attuale situazione politica in Italia, delle conseguenze che probabilmente la guerra in Libi...
-
Domani avremo il piacere di intervistare Debora Serracchiani, avvocatessa e politica italiana, deputata al Parlamento europeo per il Partit...
Nessun commento :
Posta un commento