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lunedì 4 marzo 2013

10minuticon Gian Paolo Serino @gianpaoloserino



Qualche giorno fa abbiamo fatto un'intervista con Gian Paolo Serino, critico letterario conosciuto come ideatore e fondatore di Satisfiction.


La prima domanda è stata appunto come sia nata l'idea di Satisfiction: si tratta fondamentalmente di ritrovare una coscienza critica in mezzo a tanti critici letterari che troppo spesso fanno "marketting". E' un concetto da applicare anche ai libri, che oramai sono diventati una spesa: per questa ragione la formula del "soddisfatti o rimborsati" è particolarmente innovativa, e serve al critico che collabora per segnalare e recensire libri che effettivamente siano piaciuti al di là di ogni "inciucio".

Abbiamo chiesto anche quale sarà il futuro dell'ebook e degli audiolibri in Italia: secondo Gian Paolo il futuro saranno i libri di pietra. Oggi tutto è scrittura, anche i social network. Facebook ha causato un cortocircuito in questo senso, perché ha l'immediatezza della parola orale, ma rimane come la parola scritta, creando in alcuni casi gravi danni. Certe sensazioni infatti non possono essere convogliate con uno status di Facebook o i 140 caratteri di un tweet. La provocazione dunque è quella di tornare a dare un peso alle parole. L'ebook è ancora solamente l'1% del mercato in Italia, ma negli Stati Uniti oramai persino i libri scolastici sono ebook, e gli alunni studiano sull'iPad. Probabilmente a furia di leggere ebook, tra 50 anni ci sarà una riscoperta del piacere di leggere il libro di carta, che secondo Gian Paolo non scomparirà mai.

Per quanto riguarda il modello di business di magazine e settimanali, dipende sempre dai settimanali e dai magazine: negli Stati Uniti le riviste letterarie più considerate sono di carta, nonostante il trend che porta sempre di più verso una digitalizzazione dei contenuti. In più, gli approfondimenti sono scritti da persone molto preparate sui singoli argomenti verticali, mentre qui gli stessi scrittori parlano indistintamente di cinema, moda, libri e politica. Ci sarà secondo Gian Paolo la sopravvivenza di chi si specializza, e i settimanali generalisti dovranno smettere di essere generalisti. La carta stampata fin troppo spesso rincorre la televisione, il che è una sconfitta in partenza. Dovrebbe essere lei infatti a dare un modello culturale a una nazione, non certo la televisione.

Abbiamo affrontato anche il discorso della media molto bassa di libri letti dagli italiani, suddivisi in lettori forti e lettori molto deboli: secondo Gian Paolo si tratta di un discorso complesso, dato il fatto che queste statistiche si basano sulle vendite, e non su chi - ad esempio - prende i libri in biblioteca. Per poter avere un quadro complessivo corretto, sarebbe necessario avere anche questi dati.

Gli intellettuali hanno un peso importante nella formazione di una nazione: molti editori fanno l'errore di andare incontro ai lettori più deboli, pensando che invece di comprare un solo libro all'anno, magari ne compreranno due. Bisogna invece coltivare i lettori più forti, che possono leggere molto di più. Il mercato può essere coltivato e rifiorire proprio a partire da queste figure, che possono fare da traino. La soluzione insomma c'è, basta avere un po' di coraggio.

La critica letteraria, dunque, non ha più alcun peso, ed è una disfatta: manca il coraggio della letteratura al mondo dell'editoria, che in realtà sarebbe il primo motore. Per affrontare la crisi economica bisogna partire dall'affrontare quella culturale.

Naturalmente invito tutti a visionare l'intervista integrale, ben più ricca di dettagli rispetto a questa mia breve sintesi.

Buona visione!

Maria Petrescu | @sednonsatiata


10minuteswith Gian Paolo Serino

We interviewed Giuseppe Granieri, who talked about publishing and new models, content curation and the new paradigms related to the production of content.

First of all we asked Giuseppe where the fracture between users and content producers lies: he believes it is obvious that there is a fracture, since the cultural industry as we know it functioned on the idea that content was scarce and that it was necessary to pay to have it. In exchange you got a service: finding books in the library and disks in the music store, it was possible to have access to the information they selected.

Now, however, the cultural grammatic has changed: the production costs are next to zero, everyone can produce and distribute their own content at ease. The gap is educational, we're not socially educated to navigate the abundence of news, books and content, and we don't know how to take the responsibility of mediation on ourselves, the one that used to be delegated to the selected few. If the world changes rapidly, nobody has the time to codify change, make it understandable and turning it into common cultural patrimony.

Another aspect we saw in our interview was the one of the balance between quality and quantity: Giuseppe believes that what we see happening now doesn't describe how things will be in a year's time. These are transitory situation, since they try to answer to a grammar that we still don't understand the functioning of.

The most reasonable prevision is of a New York independent editor, who pointed out a principle that is easy to grasp: it will be very difficult in the next years to make money by selling content. This is because evidently everyone can produce content, so it becomes complicated to give them a price.

The answer is that content of not excellent quality becomes a pure commodity: in the future, from the point of view of who works on content, the author's work will be rewarded, or a well done curation, the capacity of telling the story of a world by putting together different sources. You can hence have a higher comprehension, and save time. And the reader's time has an economical value.

During this time of great transition, the editors change their role, and one of the possible hypotheses is that they become content curators themselves. The great problem of editors is understanding how to survive today: what do they offer more, how can they guarantee to sell more books than someone who publishes independently? In the States they say that the true enemy isn't piracy, but obscurity: the problem is to make your content more visible in a world in which everybody produces content. And this is the issue editors must learn to solve.

The figure of the curator already has an extremely important role: if you try to reconstruct an event, as a reader, you can spend an afternoon of research and study. If you find someone who has already done the work for you, who has built a good curation, and didn't just give the news but actually built a wide scenario, then you discover that you saved time, which has a great value because it is your scarce resource.

We asked how the curation platforms will evolve: in Giuseppe's opinion, the value of curation isn't in the tool, but in the cognitive capacities, the cultural references and the method of who does it. The platform is just a tool, and for how he sees it, a good curation can be done splendidly in a blog.

Of course, I invite everyone to view the full interview, much richer in details than my brief analysis.

Enjoy!

Maria Petrescu | @sednonsatiata

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