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sabato 8 dicembre 2012

Ceci n’est pas une blogueuse



Per qualche curiosa ragione,  ultimamente sembra che i fashion blogger, almeno dalle nostre parti,  non gradiscano più essere etichettati come tali.

A dare il la, in tal senso, la più nota esponente della categoria, che già ad Aprile, secondo quanto riportato famoso articolo a firma di Simone Marchetti (che non mancò, a suo tempo di scatenare grandi discussioni) avrebbe, tra le altre cose, chiesto ai brand con cui collabora di non essere più definita “blogger”.

Ovviamente, come si ci si può aspettare in un mondo che è fatto per seguire le tendenze, dopo la  dichiarazione della Ferragni, è cominciata da parte delle blogger una corsa a scrollarsi di dosso quell’etichetta prima così cool, diventata all’improvviso ignominiosa.

Per cui, via di dichiarazioni, fino a toccare l’assurdo, con un magrittiano fashion blog battezzato proprio “don’t call me fashion blogger”. Ma perché questo corto circuito semantico?

Forse, in primo luogo, perché le stesse protagoniste del fenomeno si sono rese conto che, almeno dalle nostre parti, i blog di moda, lungi dall’essere voci indipendenti nel desolante panorama di un giornalismo ostaggio del mercato pubblicitario, sono più che altro degli enormi monumenti all’ego delle legittime proprietarie.

In secondo luogo, forse, ha influito il curioso fenomeno per cui veline, starlette e altri improbabili personaggi hanno deciso di reinventarsi blogger di moda, con gran perdita di credibilità per tutta la categoria.

Al netto di tutto ciò, una constatazione è evidente: basta avere un blog, e scrivere di moda per essere, di fatto e di diritto, una fashion blogger.

Che piaccia, oppure no.

Elisa Motterle | @downtowndoll


This is not a blogger

For some strange reason, it seems that lately fashion bloggers, at least here in Italy, don't want to be called that way anymore.

To start the trend, the most renown exponent of the category, who already in April, according to Simone Marchetti's famous article (which has made quite a lot of discussion at the time) has asked the brands she collaborates with to not call her a blogger anymore.

Obviously, as one could expect in a world that is made to follow trends, after Ferragni's statement, the bloggers started a rush to get the title off of them, a title that used to be so cool and now it's not anymore.

So, off with statements, until arriving to the absurde, with a Magritte-like fashion blog called "don't call me a fashion blogger". But what is the reason behind this semantic short circuit?

Maybe, first of all, because the protagonists of the phenomenon have realized that, at least here in Italy, fashion blogs, far from being independent voices in the desolating landscale of a journalism which is the hostage of the advertising market, are basically huge monuments to their owners' ego.

Secondly, maybe, the strange phenomenon of dancers, starlettes and other curious characters who have decided to reinvent themselves as fashion bloggers has had an influence, the loss of credibility for the entire category.

Beyond all of this, one constatation is evident: it is enough to have a blog, and to write about fashion to be, de facto and by right, a fashion blogger.

Whether you like it or not.

Elisa Motterle | @downtowndoll

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