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mercoledì 3 aprile 2013

#M5S e l'Italia che verrà



Dopo le foto postate su Facebook, gli apriscatole e la gara a chi aveva la cravatta più strana, il Movimento 5 Stelle ha capito sulla sua pelle che un conto è la rete, la piazza e gli elenchi dei “faremo”, un conto è stare in Parlamento (dove ci si dovrebbe “parlare”, come suggerisce la parola stessa) e dover prender parte allo svolgimento delle pratiche istituzionali.

Niente di nuovo sotto il sole. Era largamente prevedibile che un gruppo di persone totalmente inesperte non solo di regolamenti parlamentari, ma anche di banali pratiche democratiche (perché mettere mi piace a un post su Facebook, non è democrazia), avrebbe trovato grosse difficoltà a gestire un consenso che impone loro di essere non solo osservatori/censori esterni (come si auguravano) ma veri e propri aghi della bilancia. Era largamente prevedibile anche la reprimenda di Grillo, che dal suo blog ha lanciato invettive e scomuniche ai “dissidenti” che han votato Piero Grasso alla presidenza di Palazzo Madama, contravvenendo agli ordini di scuderia. Il suo successo e il suo consenso si basa proprio sull’essere contro a quel “palazzo” che ora occupano anche loro.

La cosa non prevedibile è stata la contestazione 2.0 di cui Grillo è stato vittima. Migliaia di commenti contrari alla linea dell’astensione a tutti i costi, proteste, insulti e via discorrendo. Commenti tutti cancellati dopo poche ore, nella migliore tradizione stalinista. Ma al di là dei metodi fintodemocratici di Grillo e Casaleggio, che non si scoprono di certo oggi, quello su cui c’è da riflettere continua ad essere il rapporto tra la società e la politica “ufficiale” o “dei partiti”.

La legislatura che è appena cominciata non durerà molto, nonostante questo credo che il Movimento 5 Stelle si troverà spessissimo di fronte alla necessità di fare delle scelte. Il primo banco di prova sarà l’insediamento del governo, ma anche sui singoli provvedimenti ne vedremo delle belle. I parlamentari grillini, una volta riposti gli apriscatole nei cassetti delle loro cucine, dovranno decidere se essere parte attiva del cambiamento della politica, realizzando la richiesta di svolta che i milioni di italiani che li han votati gli chiedono, o se continuare nel loro sentirsi altri e diversi, isolandosi e sparando addosso a tutto e a tutti per restare fedeli alle linea originale del Movimento e ai sentimenti di alcune migliaia di militanti.

La differenza, prima ancora di essere politica, è numerica. Nel senso del numero di voti che il 5 Stelle potrebbe guadagnare o perdere. Numeri che significano consenso. Consenso che significa dare delle risposte alle richieste della società. Il punto è questo.

Che la politica degli ultimi vent’anni abbia fallito l’han capito anche i sassi, e l’avevano capito anche prima di Grillo. Dubito però che la risposta a questo fallimento sia un “vaffanculo” diffuso e ripetuto tipo un mantra. Pensare poi che siano i partiti il vero problema del funzionamento democratico del nostro Paese non solo è sbagliato, ma è un’affermazione talmente falsa da farmi pensare che sia strumentale.

Il problema della democrazia italiana invece è proprio il contrario, cioè che i partiti che hanno occupato la scena fino ad oggi o non erano partiti (Pdl, Italia dei Valori, Udc, ecc, ecc) o si sono trasformati in centri di potere (cosa che è accaduto al Pd, almeno a livello locale). I partiti non sono più stati in grado di rappresentare i bisogni reali della società, di mediare tra i diversi interessi locali (spesso in contrasto tra di loro) in un ottica di Bene Comune, di proporre soluzioni, di creare classe dirigente. E non basta entrare nella “stanza dei bottoni” per cambiare le cose. I bottoni bisogna anche avere il coraggio di premerli, possibilmente dopo aver capito quali sono quelli giusti.

Non so dire quanto durerà questa nuova fase politica. Mi vien da dire non molto, visto che il mondo viaggia ad una velocità tale per cui tutto viene creato, consumato e distrutto nel giro di pochissimo. Non credo però quanto a quelli che teorizzano la fine del Movimento 5 Stelle nel giro di un paio di esperienze parlamentari. Non è questo il problema. Il nodo politico è capire se i militanti, i sostenitori e magari anche alcuni elettori, avranno la forza di ribellarsi al loro padre-padrone, rivendicando le loro idee e la loro voglia di fare politica in maniera indipendente e, soprattutto, efficace.

Il primo vero banco di prova saranno le amministrative di quest’estate. Andranno al voto molte città capoluogo di provincia, dove il sistema elettorale a doppio turno avvantaggia notevolmente il Movimento 5 Stelle. Se la politica non sarà capace di rinnovarsi profondamente e velocemente, c’è la possibilità concreta di ritrovarsi con tanti “casi Parma” in giro per l’Italia. Ora, se gli amministratori eletti sapranno interpretare le esigenze delle loro città, indipendentemente dai diktat o dalle sparate ideologiche di Grillo, o dai mantra anti casta e anti sistema che sono l’anima nel Movimento, probabilmente il Movimento 5 Stelle diventerà una presenza stabile nel quadro politico italiano. Una presenza più matura e consapevole di quello che è oggi, con cui un dialogo potrebbe essere proficuo.

Se questo non dovesse accadere invece, non so quanto reggerà questo mix di persone e storie diverse il cui unico collante, per ora, è l’indignazione militante. Ma cosa ancora più grave, non so quanto reggerà il nostro Paese, schiacciato tra l’immobilismo del centrosinistra e l’irresponsabilità delle altre due forze maggiori.

Jacopo Suppo | @jacoposuppo


M5S and the upcoming Italy

About a month away from the vote, the elections campaign has given us two revivals I personally didn't miss. The first, the most obvious, is the Berlusconi 16:9. According to the calculations of La Stampa a few days ago, from the Christmas vacations until last week, Berlusconi has been on air for 63 hours, a little more than Monti and a lot more than Bersani.

Yet another descent on the field that this time has the declared goal of "making the country impossible to rule", as Berlusconi himself has states. A sense of responsibility directly proportional to his height.

The second return, this time in the field of center-left, is of the "useful vote". It seems that there have been contacts between PD and Ingroia in order to find an agreement in Lombardia, Veneto, Campania and Sicily regarding the lists at the Senate.

The picture seems pretty simple to me. PD and SEL are the only ones that in these elections are running to win. The others run either to represent a part (center right), or to give voice to all the insatisfactions of Italy (Grillo), or to try to be determinant in the composition of the future Parliament majority (Monti). It's still unclear why Ingroia is running. His initial idea, to give Parliament representance to movements, to associations and to a whole series of civic sobjects that are often at the sides of official politics, had a logic, a political dignity but most of all I thought it would be a winner at an elections level.

Too bad that in a matter of weeks the inspirators of this elections cartel have been set aside by the various Di Pietro, Ferrero, Diliberto and company, transforming Civil Revolution in a group of weirdos that would make you miss the disappeared "Sinistra Arcobaleno". The only goal remained to the ex judge of Palermo is to break the balls to Bersani and Vendola, hoping that in Campania and Sicily they will get enough votes so there will be no majority at the Senate. The same tactic used by Berlusconi who has recovered the Northern League in order to get some votes in Lombardia and Veneto.

Now, there's no agreement or appeal for a useful vote that will work here. It would be a mistake to panic and throw away all the work done so far by only showing the tactic or the numbers that never truly work out.

Here we can only make the voters understand that, with all the defects and also some contradictions, only PD and SEL can guarantee a serious and stable government. Today, only the Italia Bene Comune coalition can guarantee more equity and attention towards who pays taxes and more severity towards who doesn't, or directs capitals abroad, more civil rights for who hasn't got any, more social justice and equality in the labor market. And then green politics, broadband, technological innovation, more generational rechange, more law enforcement, and so on. No useful vote. A responsible vote.

Who wants to be a part of this idea of Italy can choose PD or SEL, hoping in a good result that will allow the coalition to govern without being blackmailed, aware of the fact that it will be no piece of cake. Whoever chooses otherwise is probably content with the current situation.

Jacopo Suppo | @jacoposuppo

giovedì 21 febbraio 2013

Se 5 stelle vi sembran poche



In questi giorni mi son capitati sotto gli occhi un paio di articoli che mi hanno sinceramente preoccupato. Sia Affari Italiani, sia Giornalettismo hanno pubblicato dei rumors raccolti in ambienti vicini al Partito Democratico che fanno un’analisi dei possibili movimenti elettorali verso il Movimento 5 Stelle, da questa settimana fino al voto.

Pare che da via del Nazzareno siano convinti che tutti i voti che Grillo poteva prendere al Pd li abbia già presi. Se il 5 Stelle dovesse crescere ancora lo farà esclusivamente a scapito del Pdl e della Lega Nord, intaccando il loro consenso e rendendo così più agevole la vittoria del centrosinistra non solo alla Camera, ma anche al Senato.

Rileggendo gli articoli ho notato che non erano firmati e che erano pieni di virgolettati ma non c’era neanche un nome e cognome a cui potessero essere riferiti. Insomma, potevano benissimo essere pezzi costruiti su chiacchiere da bar raccolte qua e là. Invece ho potuto verificare di persona che amici e conoscenti, molto più addentro al Pd di quanto non lo sia io, la pensano allo stesso modo; si sta facendo largo l’idea che, con un po’ più fatica del dovuto e meno vantaggio di quello che ci si poteva attendere, tutto sommato le elezioni siano già vinte e che Grillo, anche se prenderà un sacco di voti, sarà un problema più di Berlusconi che non di Bersani.

Ora, io mi auguro che queste voci trovino conferma lunedì 25, ma a sentir l’aria che tira qualche dubbio mi viene. Al di là delle piazze stracolme (o quasi) ad ogni comizio di Grillo, o della presenza massiccia del Movimento sui social media, è evidente che le proposte di Grillo stanno facendo presa. Il referendum sull’Euro, l’abolizione del finanziamento pubblico ai giornali, la privatizzazione di due canali della Rai, il taglio dei costi della politica e la rinuncia ai rimborsi elettorali sono temi entrati nel dibattito politico. Per non parlare poi degli investimenti sulla banda larga o sulla green economy. Gran parte dei temi sollevati da Grillo sono presenti anche nel programma del centrosinistra, e non da oggi; alcune cose sono delle proposte su cui fare delle riflessioni, tante altre sono semplicemente sparate populiste irrealizzabili (come spiega bene Stefano Feltri su Il Fatto Quotidiano).

Se fossi in Pierluigi Bersani lascerei da parte la calcolatrice ed eviterei di mettermi a fare il toto ministri, come se tutto fosse già decisivo. Qualche giorno fa Francesco Costa su Il Sole 24 Ore illustrava molto bene come in Italia i voti in movimento da uno schieramento all’altro siano molto pochi. Esistono molti indecisi, che però non sono tali nel senso che non sanno per chi votare, ma non sanno se andare a votare per chi vorrebbero. In quest’ottica, il fatto che a una settimana dal voto ci sia ancora oltre il 30% dell’elettorato potenziale che si dice indeciso può rappresentare un’insidia per il centrosinistra perché temo che molti di quegli elettori non sanno bene se non fidarsi di nessuno o di chi promette di far saltare il banco.

C’è anche un precedente che dovrebbe far pensare. Nel 2008 tutti i sondaggisti quotavano la Lega Nord intorno al 4%. Quando si scrutinarono le schede però i voti raddoppiarono e il partito di Bossi chiuse al 8,3%. Quelli che però oggi possono sembrare “tatticismi”, domani diventeranno nodi politici da sciogliere. Come si relazionerà il futuro governo con il secondo movimento politico del paese? Avrà il coraggio, e i numeri, per fare da subito delle scelte significative e popolari come la riduzione dei costi della politica, o una modifica seria della legge elettorale e del conflitto di interessi? Metterà in agenda una riforma del mercato del lavoro, o trovare le tutele necessarie per i tanti lavoratori esodati? Riuscirà a vincere le  resistenze delle tante forze politiche contrarie all’istituzione di diritti civili che in altri paesi occidentali sono all’ordine del giorno da anni?

Se lo farà, non solo accrescerà il consenso nel Paese ma metterà i parlamentari grillini di fronte a una scelta. Se essere fedeli ai loro elettori e ai loro programmi oppure a chi li ha candidati. Scelta che potrebbe rivelarsi molto scomoda e che metterebbe a nudo il populismo a 5 Stelle.

Jacopo Suppo | @jacoposuppo


If 5 stars aren't enough

About a month away from the vote, the elections campaign has given us two revivals I personally didn't miss. The first, the most obvious, is the Berlusconi 16:9. According to the calculations of La Stampa a few days ago, from the Christmas vacations until last week, Berlusconi has been on air for 63 hours, a little more than Monti and a lot more than Bersani.

Yet another descent on the field that this time has the declared goal of "making the country impossible to rule", as Berlusconi himself has states. A sense of responsibility directly proportional to his height.

The second return, this time in the field of center-left, is of the "useful vote". It seems that there have been contacts between PD and Ingroia in order to find an agreement in Lombardia, Veneto, Campania and Sicily regarding the lists at the Senate.

The picture seems pretty simple to me. PD and SEL are the only ones that in these elections are running to win. The others run either to represent a part (center right), or to give voice to all the insatisfactions of Italy (Grillo), or to try to be determinant in the composition of the future Parliament majority (Monti). It's still unclear why Ingroia is running. His initial idea, to give Parliament representance to movements, to associations and to a whole series of civic sobjects that are often at the sides of official politics, had a logic, a political dignity but most of all I thought it would be a winner at an elections level.

Too bad that in a matter of weeks the inspirators of this elections cartel have been set aside by the various Di Pietro, Ferrero, Diliberto and company, transforming Civil Revolution in a group of weirdos that would make you miss the disappeared "Sinistra Arcobaleno". The only goal remained to the ex judge of Palermo is to break the balls to Bersani and Vendola, hoping that in Campania and Sicily they will get enough votes so there will be no majority at the Senate. The same tactic used by Berlusconi who has recovered the Northern League in order to get some votes in Lombardia and Veneto.

Now, there's no agreement or appeal for a useful vote that will work here. It would be a mistake to panic and throw away all the work done so far by only showing the tactic or the numbers that never truly work out.

Here we can only make the voters understand that, with all the defects and also some contradictions, only PD and SEL can guarantee a serious and stable government. Today, only the Italia Bene Comune coalition can guarantee more equity and attention towards who pays taxes and more severity towards who doesn't, or directs capitals abroad, more civil rights for who hasn't got any, more social justice and equality in the labor market. And then green politics, broadband, technological innovation, more generational rechange, more law enforcement, and so on. No useful vote. A responsible vote.

Who wants to be a part of this idea of Italy can choose PD or SEL, hoping in a good result that will allow the coalition to govern without being blackmailed, aware of the fact that it will be no piece of cake. Whoever chooses otherwise is probably content with the current situation.

Jacopo Suppo | @jacoposuppo

mercoledì 30 gennaio 2013

#Elezioni2013: il voto utile



A circa un mese dal voto la campagna elettorale ci ha regalato due ritorni di cui, personalmente, non sentivo la mancanza. Il primo, il più evidente, è quello del Berlusconi formato 16:9. Secondo un calcolo pubblicato da La Stampa qualche giorno fa, dalle vacanze natalizie alla settimana scorsa Berlusconi è stato in onda per 63 ore, superando di poco il premier Monti e surclassando nettamente Bersani.

L’ennesima ridiscesa in campo che questa volta ha come obiettivo dichiarato “rendere ingovernabile il Paese”, come ha dichiarato lo stesso Berlusconi. Un senso di responsabilità direttamente proporzionale alla sua statura.

Il secondo ritorno, questa volta tutto nel campo del centrosinistra, è quello del “voto utile”. Pare infatti che ci siano stati dei contatti tra il Pd e Ingroia per trovare un patto di desistenza (così è stato chiamato) in Lombardia, Veneto, Campania e Sicilia per quel che riguarda le liste del Senato.     

Il quadro mi sembra abbastanza semplice. Pd e Sel sono gli unici che in queste elezioni corrono per vincere. Gli altri corrono o per rappresentare una parte (vedi centrodestra), o per dar voce a tutti i mal di pancia d’Italia (vedi Grillo) o per tentare di essere determinanti nella composizione della futura maggioranza parlamentare (vedi l’area Monti). Non si è ancora capito invece perché corre Ingroia. La sua idea iniziale, quella di dar rappresentanza parlamentare ai movimenti, alle associazioni e a tutta una serie di soggetti civici spesso ai margini della politica “ufficiale”, aveva una logica, una dignità politica ma soprattutto credo sarebbe stata vincente anche a livello elettorale.

Peccato però che nel giro di poche settimane gli ispiratori di questo cartello elettorale siano stati messi in disparte dai vari Di Pietro, Ferrero, Diliberto e compagnia, trasformando Rivoluzione Civile in un’accozzaglia di trombati da far rimpiangere la defunta “Sinistra Arcobaleno”. L’unico obiettivo rimasto all’ex magistrato di Palermo è quello di rompere le scatole a Bersani e Vendola, sperando in Campania e in Sicilia di rosicare un numero di voti tale per cui in Senato non ci sia alcuna maggioranza. La stessa tattica utilizzata da Berlusconi che ha recuperato la Lega Nord per recuperare qualche voto in Lombardia e in Veneto.

Ora, qui non c’è patto di desistenza o appello al voto utile che tenga. Sarebbe un errore farsi prendere dal panico e mandare in soffitta tutto il lavoro fatto fino ad oggi, mettendo in primo piano soltanto la tattica o i numeri che alla fine non tornano mai.

Qui c’è soltanto da far capire agli elettori che, con tutti i difetti e anche alcune contraddizioni, soltanto Pd e Sel possono garantire un governo serio e stabile. Ad oggi, soltanto la colazione Italia Bene Comune può impegnarsi per garantire più equità e attenzione verso chi le tasse le paga e più rigore nei confronti di chi evade o esporta capitali all’estero, più diritti civili per chi non ne ha, più giustizia sociale e uguaglianza nel mondo del lavoro. E poi più politiche verdi, più banda larga, più innovazione tecnologica, più rinnovamento generazionale, più legalità, ecc, ecc.
Nessun voto utile. Al massimo, un voto responsabile.

Chi vuol far parte di questa idea di Italia può scegliere il Pd o Sel, sperando in un buon risultato che consenta alla coalizione di governare senza essere sotto ricatto, consapevole del fatto che non sarà una passeggiata. Chi farà altre scelte, probabilmente, è contento di quel che c’è.

Jacopo Suppo | @jacoposuppo


The useful vote

About a month away from the vote, the elections campaign has given us two revivals I personally didn't miss. The first, the most obvious, is the Berlusconi 16:9. According to the calculations of La Stampa a few days ago, from the Christmas vacations until last week, Berlusconi has been on air for 63 hours, a little more than Monti and a lot more than Bersani.

Yet another descent on the field that this time has the declared goal of "making the country impossible to rule", as Berlusconi himself has states. A sense of responsibility directly proportional to his height.

The second return, this time in the field of center-left, is of the "useful vote". It seems that there have been contacts between PD and Ingroia in order to find an agreement in Lombardia, Veneto, Campania and Sicily regarding the lists at the Senate.

The picture seems pretty simple to me. PD and SEL are the only ones that in these elections are running to win. The others run either to represent a part (center right), or to give voice to all the insatisfactions of Italy (Grillo), or to try to be determinant in the composition of the future Parliament majority (Monti). It's still unclear why Ingroia is running. His initial idea, to give Parliament representance to movements, to associations and to a whole series of civic sobjects that are often at the sides of official politics, had a logic, a political dignity but most of all I thought it would be a winner at an elections level.

Too bad that in a matter of weeks the inspirators of this elections cartel have been set aside by the various Di Pietro, Ferrero, Diliberto and company, transforming Civil Revolution in a group of weirdos that would make you miss the disappeared "Sinistra Arcobaleno". The only goal remained to the ex judge of Palermo is to break the balls to Bersani and Vendola, hoping that in Campania and Sicily they will get enough votes so there will be no majority at the Senate. The same tactic used by Berlusconi who has recovered the Northern League in order to get some votes in Lombardia and Veneto.

Now, there's no agreement or appeal for a useful vote that will work here. It would be a mistake to panic and throw away all the work done so far by only showing the tactic or the numbers that never truly work out.

Here we can only make the voters understand that, with all the defects and also some contradictions, only PD and SEL can guarantee a serious and stable government. Today, only the Italia Bene Comune coalition can guarantee more equity and attention towards who pays taxes and more severity towards who doesn't, or directs capitals abroad, more civil rights for who hasn't got any, more social justice and equality in the labor market. And then green politics, broadband, technological innovation, more generational rechange, more law enforcement, and so on. No useful vote. A responsible vote.

Who wants to be a part of this idea of Italy can choose PD or SEL, hoping in a good result that will allow the coalition to govern without being blackmailed, aware of the fact that it will be no piece of cake. Whoever chooses otherwise is probably content with the current situation.

Jacopo Suppo | @jacoposuppo

venerdì 11 gennaio 2013

#Serviziopubblico: per favore, #basta



Ve lo dico subito. Ieri sera sono sprofondato sul divano e mi sono goduto il concerto di Zucchero a La Habana. Non ho voluto partecipare all’orgia mediatica organizzata da Servizio Pubblico (mai nome fu meno azzeccato…). Non sono però riuscito a salvarmi del tutto visto che i miei profili Facebook e Twitter esplodevano di post, like, commenti e di tweet su quello che stava capitando su La7.

Ho provato a farmi trascinare via dall’atmosfera cubana. Ho anche fumato mezzo sigaro, comprato quest’estate vicino al Nacional. Niente. Cuba è troppo piccola e lontana per vincere quello che consideravo il nostro passato prossimo.

Mi sono perso a leggere quello che veniva postato online e mi è salito uno sconforto enorme. C’era di nuovo Berlusconi, con i suoi processi, i suoi miliardi e le sue ragazzine. Il “cumenda” anni ’80 che, sbagliandomi, credevo non interessasse più a nessuno C’erano di nuovo Santoro e Travaglio, icone viventi di quella sinistra radical chic, che crede di avere la verità in tasca sempre e comunque, che perde felice, felice di perdere. C’erano di nuovo i tifosi, le curve da stadio, gli insulti. C’erano di nuovo gli stessi modelli comunicativi e gli stessi contenuti. C’era di nuovo l’Italia di questi ultimi 20 anni, che tutti dicono di volere cambiare salvo poi tenersela ben stretta. La sicurezza di giocare in un campo conosciuto, con avversari e alleati certi, è una sensazione rassicurante a cui non si vuole rinunciare.  

Poco importa se non si è parlato di un problema che sia uno. Che il lavoro, la fiscalità, la green economy, la formazione, la banda larga, i diritti civili (giusto per citare qualche esempio) siano rimasti fuori degli studi di La7. L’importante era far sentire l’odore del sangue, far vedere che il caimano è ancora vivo, che siamo ancora fermi al 1994. Perché la politica non fa audience. La rissa sì. Perché il cambiamento, quello vero, mette tutti noi di fronte alle nostre responsabilità. Ci impone di scegliere, di metterci la faccia, di dare il nostro contributo. Il cambiamento cambia il mondo, e di conseguenza tutti noi. E per questo fa paura.

Allora forse è più rassicurante continuare come si è sempre fatto. Sedersi in poltrona e indignarsi fino allo svenimento, ascoltando beati l’imbonitore di turno, sperando che arrivi un Messia a salvarci, consapevoli del fatto che, prima o poi, manderemo a stendere anche lui.
Un contesto in cui i contendenti sono in realtà fedelissimi tra di loro, consapevoli del fatto che se lo status quo cambia vanno tutti a casa o, peggio ancora, finiscono nel dimenticatoio.

In questo contesto, la serata di ieri è stato un successo. Per La7, che ha fatto il 33% di share (8 milioni di telespettatori) e ha incassato un sacco di soldi di pubblicità. Per Santoro e Travaglio, che son tornati prepotentemente sotto i riflettori. Per Berlusconi, che qualche voto lo ha recuperato di sicuro. Per i tantissimi tifosi, che dopo oltre un anno di smarrimento finalmente hanno rivisto in campo i loro idoli.

È invece andata male, malissimo, all’Italia, che non solo sembra incapace di pensare al suo futuro, ma pare contenta di vivere in un eterno talk show, dove i protagonisti non cambiano mai.

Jacopo Suppo | @jacoposuppo


Public service: please stop

I'll tell you right away. Last night I fell on the couch and enjoyed Zucchero's concert at La Habana. I didn't want to participate in the media orgy organized by Public Service (never has a name been less appropriate...). I couldn't manage to save myself totally since my Facebook and Twitter profiles exploded with posts, likes, comments and tweets about what was going on at La7.

I tried to let myself carried by the Cuban atmosphere. I even smoked half a cigar, bought last summer near Nacional. Nothing. Cuba is too small and far away to win what I considered our past.

I lost myself reading what was being posted online and felt a terrible discouragement. There was Berlusconi again, with his trials, his billions and his girls. The 80s "cumenda" which, wrongly, I believed wasn't interesting for anyone anymore. There were Santoro and Travaglio again, living icons of the radical chic left wing that thinks it has the truth in its pocket always and anyway, which loses happy, happy to lose. There were the fans, the stadium curves, the insults. There were, again, the same communicative models and the same contents. There was, yet again, the Italy of the last 20 years, which everybody says they want to change, and then keep it as it is. The safety of playing on a familiar field, with certain enemies and allies, is a reassuring sensation that no one wants to give up.

It is not important that they didn't talk about at least one problem. Whether the work, the fiscality, the green economy, the formation, the broadband, the civil rights (just to quote a few examples), remained outside of the La7 studies. The important thing was to let people feel the smell of blood, show that the caiman is still alive, that we're still stuck in 1994. Because politics doesn't make audience. The fights do. Because change, real change, puts all of us in front of our responsibilities. It imposes to choose, to put our faces on the line, to give our contribution. Change changes the world, and thus all of us. And this is why it's scary.

Then maybe it's more reassuring to continue as we always did. Sit in a couch and get angry till passing out, listening happily to today's barker, hoping that a Messia will come save us, aware of the fact that, sooner or later, we'll eliminate him as well. A context in which contestants are actually faithful to eachother, aware of the fact that if the status quo changes, they all go home or worse, they end up being forgotten.

In this context, yesterday night was a success. For La7, which has had 33% of share (8 million viewers), and has earned a whole lot of money in advertising. For Santoro and Travaglio, who have returned importantly under the spotlight. For Berlusconi, who has surely recovered a few votes. For the many fans, who after more than a year of doubts have finally seen their idols on the field.

It went bad, very bad, for Italy, who not only seems incapable of thinking about its own future, but seems happy to live in a perpetual talk show, where the protagonists never change.

Jacopo Suppo | @jacoposuppo

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