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domenica 27 gennaio 2013

L'influenza della società civile



Molti alfieri della cosiddetta società civile, magistrati, giornalisti, imprenditori, tecnici, hanno deciso di scendere in politica. Un effetto quasi pandemico. Ma siamo sicuri che questo tsunami sia effettivamente un bene?

Il titolo si presta ad almeno tre interpretazioni. Siamo ormai oltre la metà di gennaio e con lo sguardo già proiettato verso la fine del mese prossimo. Il periodo è quello consono all'influenza, quella stagionale, fatta di microbi e starnuti e quintali di fazzoletti di carta che ogni anno mette a letto milioni di italiani.  Ma non è l'unica. Il calendario infatti incasella nelle stesse settimane anche la corsa della campagna elettorale. Così in queste settimane abbiamo assistito ad un altro tipo di influenza. E' un contagio che colpisce parecchi rappresentati, illustri e meno, della società civile, o comunque laica rispetto alla politica. Molti contagiati, prima dell'epidemia ricoprivano posizioni che in una qualunque società democratica sono fondamentali, nevralgiche, e che in teoria dovrebbero essere indipendenti: vedi stampa, magistratura.

Rappresentanti della società civile ce ne sono sempre stati, non è una novità. Come ricorda Mario Calabresi, nella storia Italiana più volte è successo, da Spadolini a Scalfari a Colombo, passando per Miriam Mafai (parlando di stampa). Dalla magistratura invece nella storia recente c'è l'esempio di Di Pietro e in quella recentissima De Magistris. Il problema è che ora la questione sta assumendo proporzioni pandemiche che rasentano quasi il ridicolo.

Di colpo Mineo, Ruotolo, Giannino e altri loro colleghi hanno sentito la necessità di scendere in campo. Così come sul lato magistratura, e a Di Pietro e De Magistris sono andati ad unirsi Grasso e Ingroia. Non parliamo poi di tecnici (o ex tecnici), imprenditori e via dicendo.

Ma se tutti corrono a fare la politica (ci si augura con nobili intenti) per, si presume, portare dentro i palazzi le istanze che la politica ha sempre snobbato  chi è che resta fuori a svolgere quel ruolo di guardiano dell'azione politica? Chi rimane in quella posizione certo più scomoda ma più indipendente nei confronti della politica e dei politici? Se tutti i pompieri lasciano la caserma per andare ad appiccare il fuoco va a finire che poi non rimane nessuno che venga a spegnerlo.

Questa febbre che porta ad entrare nel gioco politico, oltre al rischio di bruciare l'autorevolezza di queste figure e del loro ruolo, rischia anche di lasciare la società civile, quella che è rimasta fuori dal palazzo, senza una rappresentanza laica credibile in grado di esercitare pressione, rendendo più ardua l'influenza sulla politica da parte di quella stessa società civile. E' la cosiddetta arma a doppio taglio, e riflettendoci bene potrebbe non essere tutto oro quello che luccica.

Matteo Castellani Tarabini | contepaz83


The influence of the civil society

Many defenders of the so called civil society, lawyers, journalists, entrepreneurs, technicians, have decided to get into politics. An almost pandemic effect. But are we sure that this tsunami is really for the best?

The title is open to at least three interpretations. We're at the end of January and the look is already oriented towards the end of next month. The time is appropriate for the flu, the seasonal one, made of viruses and sneezes and tons of paper tissues that every year puts millions of Italians to bed. But it's not the only one. The calendar also puts during the same weeks the elections campaign. So during these weeks we've seen another kind of flu. It's a disease that hits many, famous or not, of the civil society, or at least laicist in comparison to politics. Many, before the epidemy, used to cover positions that in any other democratic society are fundamental, nevralgic, and that in theory should be independent: such as the print, or the judges.

Representatives of the civil society have always been present, it's nothing new. As Mario Calabresi remembers, it happened several times in Italian history, from Spadolini to Scalfari to Colombro, and even through Miriam Mafai, speaking about print. From the judges we have the example of Di Pietro and the recent one of De Magistris. The problem is that now the matter is getting into huge proportions that are almost sliding into ridicule.

All of a sudden Mineo, Ruotolo, Giannino and other colleagues have felt the need to get into the field. As on the judges sides, and together with Di Pietro and De Magistris we now also have Grasso and Ingroia. Without even talking about the technicians or ex technicians, entrepreneurs and so on.

Matteo Castellani Tarabini | @contepaz83

giovedì 20 dicembre 2012

L'inerzia dell'informazione genera mostri



Il mese scorso mi sono occupata della questione (di vita e di morte, ammetteremo) del murale di Francesco Totti a rione Monti - quello che, per intenderci, è stato imbrattato da tifosi laziali dopo anni di onorata... facciata. 

Storia che ha scatenato le ire della tifoseria capitolina e creato un non trascurabile putiferio, mettendo insieme a sproposito temi come ‘arte’, ‘cultura’ e ‘sport’, in un miscuglio non troppo convincente. Ma tant’è.

In quei giorni il presidente del Primo Municipio (che ha la giurisdizione di Roma Centro, e, appunto, del Rione Monti) dichiarò ad una nota testata romana che si sarebbe occupato della riqualificazione del murale. Senza specificare con che modalità. E che ci vuole?, si potrà giustamente addurre: bastava chiedere; chiedere chi si sarebbe occupato del restauro, con quali fondi, con quali permessi e, soprattutto, con quali motivazioni.

Orbene, a distanza di due settimane dalla polemica, nessuno si era ancora degnato di porre alcuna delle precedenti domande, con il risultato che non era stata data nessuna delle rispettive risposte. In sostituzione, però, erano arrivate (e continuano ad arrivare) lettere ed email minatorie e deluse, di cui la più illustre rappresentante termina con un “Nel salutarla le URLO un FORZA LAZIO!” (cit.): vi risparmio il resto, cioè fiumi di parole di sintassi opinabile sputate contro una classe politica che spreca, sperpera e scialacqua i nostri soldi per sciocchezze.

Eppure, come anticipato, bastava chiedere. Nell’occasione mi è stato infatti spiegato e documentato che i fondi, la manodopera e persino l’idea stessa del restauro era puramente volontaria ed esterna al Municipio – e, dunque, ai nostri soldi. Ed effettivamente bastava un minimo di buonsenso a capire che dietro un’iniziativa del genere non potevano esserci quegli stessi finanziamenti che, com’è noto, non bastano nemmeno per comprare le penne negli uffici di Roma Capitale.

Non parliamo di massimi sistemi, ma tutto ciò porta, essenzialmente, a un ragionamento.

La frenesia anticasta degli ultimi tempi (che il M5S ha ricercato e procacciato), se da un lato ha risvegliato le menti, dall’altro ha abituato ad un concetto di informazione incosciente, che passa solo attraverso canali - o personaggi - prestabiliti, senza approfondimento esterno ad essi. Ma la colpa si può trovare anche altrove: l’importanza assunta dal social sharing per la diffusione virale dei contenuti ci ha dato l’illusione di avere tra le dita ciò che prima era retaggio dei soli giornalisti (quelli con il tesserino), con la conseguente convinzione di avere la realtà sotto controllo -  o meglio, di poterla controllare, potenzialmente, in qualunque momento. Il tempo di tirar fuori lo smartphone dalla tasca.

E come ogni cosa facile che si dà per scontata, l’informazione sta scivolando, lentamente, nell’inerzia di esistere: ecco che un pezzo di 1200 battute, magari letto sulla metropolitana mentre si va al lavoro, un titolo nella home, oppure un tweet di un’agenzia di stampa (o peggio, di qualcuno che seguiamo) diventano uniche fonti di verità incontestabili. Nessuno ne abbia a male. I ritmi necessari per portare a casa la pagnotta ci costringono a ridurre i tempi per qualsiasi cosa.Tutto sta, però, nell’averne coscienza: perchè ora che i meccanismi di vendita dei giornali sono noti Urbi et Orbi, non è più molto accettabile un dito puntato senza cognizione.

Siamo d’accordo, ed è più che scontato che non sia un caso. Eccezion fatta dei professionisti dell’informazione, avere la possibilità di andare oltre la notizia è, giocoforza, un lusso che davvero in pochi possono permettersi: mentre i canali si moltiplicano e l’ipertesto dispiega la realtà in infinite possibilità, ci rimane ancora difficile – paradosso tra i paradossi - verificare con puntualità ciò che leggiamo o vediamo. E quel che manca, nella maggioranza dei casi, più che la volontà, è il tempo: entità impalpabile, solo per ricchi.

Carol Verde | @car0lverde


The inertia of information generates monsters

Last month I dealt with the matter (quite trivial, it is true) of Francesco Totti's mural in the Monti district - the one that has been soiled by Lazio fans after years of honorable presence.

A story that has inflamed the anger of the Rome fans and created a scandal that cannot be ignored, putting together - wrongly - topics such as art, culture and sports, in a not very convincing mix. But that's the way it goes.

Those days the president of the First Municiple (which has jurisdiction on Roma Center and the Monti district) declared to a renown Rome newspaper that he would have dealt with the riqualification of the mural. Without specifying how. What's to it? one could say: it was enough to ask; ask who would do the repairing, with what funds, with what permissions and most of all with what motivations.

Well, now, after two weeks from the scandal, nobody has taken the time to ask any of the previous questions, with the result that none of the corresponding answers has yet been given. In exchange, though, the office had received and is still receiving letters and emails of threat and disappointment, one of which ends with a "In saluting you I shout a GO LAZIO!" (cit.): I'll spare you the rest, which is a flood of words with a bizarre syntax launched against a political class that wastes, spends and squanders our money for rubbish.

And yet, as we said earlier, it would have been enough to ask. With this occasion I've been told that the funds, the manpower and even the idea itself of the reparations was purely voluntary and external to the Municiple - and, hence, our money. And infact it would have been enough to have a bit of sense to understand that behind such an initiative there couldn't be the same financing that, as we all know - isn't enough to buy pens for the offices of Rome Capital.

We're not talking about complicated stuff, but all of this brings us essencially to one reasoning.

The recent anticaste frenzy  (that the M5S has researched and encouraged), if on the one side has awoken minds, on the other has gotten us used to irresponsible information, which passes only through predetermined channels or characters, without further inquiries around them. But we can also find elsewhere: the importance of social sharing per la diffusione virale dei contenuti ci ha dato l’illusione di avere tra le dita ciò che prima era retaggio dei soli giornalisti (quelli con il tesserino), con la conseguente convinzione di avere la realtà sotto controllo -  o meglio, di poterla controllare, potenzialmente, in qualunque momento. Il tempo di tirar fuori lo smartphone dalla tasca.

E come ogni cosa facile che si dà per scontata, l’informazione sta scivolando, lentamente, nell’inerzia di esistere: ecco che un pezzo di 1200 battute, magari letto sulla metropolitana mentre si va al lavoro, un titolo nella home, oppure un tweet di un’agenzia di stampa (o peggio, di qualcuno che seguiamo) diventano uniche fonti di verità incontestabili. Nessuno ne abbia a male. I ritmi necessari per portare a casa la pagnotta ci costringono a ridurre i tempi per qualsiasi cosa.Tutto sta, però, nell’averne coscienza: perchè ora che i meccanismi di vendita dei giornali sono noti Urbi et Orbi, non è più molto accettabile un dito puntato senza cognizione.

Siamo d’accordo, ed è più che scontato che non sia un caso. Eccezion fatta dei professionisti dell’informazione, avere la possibilità di andare oltre la notizia è, giocoforza, un lusso che davvero in pochi possono permettersi: mentre i canali si moltiplicano e l’ipertesto dispiega la realtà in infinite possibilità, ci rimane ancora difficile – paradosso tra i paradossi - verificare con puntualità ciò che leggiamo o vediamo. E quel che manca, nella maggioranza dei casi, più che la volontà, è il tempo: entità impalpabile, solo per ricchi.

Carol Verde | @car0lverde

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